giovedì 6 febbraio 2020

I love english


Io non c'ero e non so come leggevano vocali e consonanti del loro alfabeto gli antichi romani.  Non ci sono audio di quel tempo e anche la forma dei caratteri è cambiata. Sono propenso a ritenere che ne leggessero le lettere come le leggono sardi, friulani, ladini, magari pronunciando "Caesar" e non "Cesar", "Ghneus" e non "Gneus", "Pontius" e non "Ponzius".
Usando l'alfabeto latino i caratteri dovrebbero avere il suono che usavano i latini, come credo succeda in Europa, specialmente in Spagna, Italia e dove si parlano lingue neolatine.  Con qualche evoluzione o differenza: "c" da dura a dolce a "s", "g" da dura a dolce, "l" letta "u" in Portogallo e Polonia e "e" in Veneto, "e" muta in Francia o afona, "v" letta "f" in Germania, "s" bergamasca e "c" toscana dette come "h" aspirata, ecc. .
L'alfabeto inglese moderno è pur sempre un alfabeto latino composto da 26 lettere ma, mi pare, in nessun altro posto hanno perso il suono originale come in inglese. 
Se in Italia, Spagna, Francia, Germania "a", "u", "o" vengono lette meno o più chiuse (in francese, piemontese, lombardo "u" diventa quasi "i" o quasi "a" in nasale francese  e "o" può suonare "u" in portoghese e piemontese) e lettere e vocali possono cambiare suono con dittonghi o con segni diacritici, non capisco perché in Gran Bretagna normalmente "a" suoni "e", la "i" suoni "ai" e la "u"  suoni "a". 
Mi viene da pensare che chi ha insegnato l'alfabeto latino in Britannia non l'ha fatto bene o che in quel paese l'hanno capito a modo loro e adesso tutto il mondo tende a seguirne l'esempio. Magari i pochi che sapevano scrivere scrivevano e parlavano come i latini, poi gli altri nel parlare hanno cambiato il suono lasciando immutato lo scritto che è diventato un promemoria o ideogramma. 
Chissà se fra qualche anno finiremmo anche noi con lo scrivere ancora Imperia e leggere Aimpiraia. 





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