mercoledì 12 ottobre 2016

3 ottobre


Il governo italiano ha istituito per questa data la "Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione".
Se dicono vittime dell'immigrazione penso a chi l'immigrazione la subisce e non a chi la fa, che può essere invece vittima di carestie, di guerre, del mare, della propria incoscienza o dell'altrui ingordigia, di trafficanti di uomini, di politici ambiziosi, di avidi affaristi, magari vittime dell'emigrazione. Ma suona bene dire "vittime dell'immigrazione", ci fa sentire in colpa: detto così basterebbe impedire l'immigrazione per impedirne le vittime. Non sembra questo il pensiero di chi invece considera i migranti "vittime dell'immigrazione" e gli europei, italiani specialmente, beneficiari del grande dono dell'immigrazione, che porta lavoro a molti e che ovviamente qualcun altro paga.
Forse ha ragione chi scrive de "Le altre vittime dell'immigrazione".
D'accordo: pietà per i morti. Ma non ne siamo responsabili se non nella misura in cui incoraggiamo la decisione di affrontare temerariamente il mare contando su salvataggi non sempre possibili. La stessa pietà che dovremmo provare per le vittime dei monsoni in Bangladesh, a motivo delle quali per analogia dovremmo accogliere tutti i superstiti di quel Paese. E chissà perché.
Per lo stesso motivo se uno attraversando la strada rimane vittima di un incidente dovremmo farci carico di tutti quelli che la attraversano indenni, dovere morale verso chi avrebbe potuto non riuscirci; dovere morale magari di chi li incoraggia ad attraversare pericolosamente una strada trafficata fuori dai passaggi pedonali e senza aspettare l'omino verde dei semafori.

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