lunedì 21 luglio 2014

Dolore e rabbia

Non riesco più a provar dolore per i  morti nel "mare nostrum", sono troppi e sarebbe insopportabile. Ma provo molta rabbia per coloro i quali li illudono che qui troveranno un lavoro, troveranno il benessere se non il paradiso, li rassicurano che andremo a raccoglierli appena in mare, che possiamo ben accogliere tutti gli africani che lo desiderano, che possono venire liberamente, che non c'è più reato di immigrazione clandestina, che comunque una volta entrati nessuno li caccerà, che quantomeno potranno recarsi nella prospera accogliente Europa dalle aperte frontiere, che se non troveranno lavoro potranno sempre elemosinare nelle nostre molte piazze e vie, che se questo non gli basta potranno anche delinquere con grossi vantaggi e pochi rischi, che se finiscono in prigione sarà per breve tempo, che (finchè non lo vorranno loro) non c'è la shari'a (شريعة) ma leggi meno severe, che le prigioni sono sovraffollate e prima o poi saranno chiuse a chi è fuori o aperte a chi è dentro, che inizialmente avranno denaro per il fumare o altro e la scheda telefonica per chiamare qui i parenti e avranno per sempre cure ed assistenza gratuite e a suo tempo anche la pensione senza pagare un centesimo di contributi, che basterà dichiararsi profughi per ottenere asilo politico e dichiararsi più poveri per avere diritto di precedenza per scuole, case, sussidi, eccetera. Sono tanti e vengono da paesi confusi, come si fa a controllarli tutti in poco tempo e liberi di sparire? Di chi da generazioni vive, lavora, paga imposte tasse e contributi e magari è anche riuscito a farsi una fissa dimora si può sapere molto e trovare motivo per retrocederlo nelle classifiche e senza rischiare di essere accusati di razzismo.
E così se sono abbastanza coraggiosi e con abbastanza denaro si convincono che se anche c'è qualche rischio e il viaggio costa il gioco vale la candela, che vale la pena pagare il pizzo e rischiare la morte ma con sufficienti probabilità di arrivare a Bengodi, e tanti rischiano e tanti muoiono. Pagano scafisti che li stipano in barche da macero, più adatte al naufragio che alla navigazione, si affidano a schiavisti che mai finiscono appesi all'albero delle nostre navi ad ammonimento di chi volesse fare lo stesso lavoro rischiando la stessa fine: non ci sono più le Marine di una volta.
Chissà cosa si penserà in futuro dei governanti e politici "che furo al tempo che passaro i Mori d'Africa il mare, e in Italia nocquer tanto".



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