sabato 17 gennaio 2015

Intolleranza


A proposito di intolleranza mi sono tornati alla mente due episodi: uno in terra musulmana, l'altro in terra un tempo cristiana.

Ero in Tunisia in vacanza ed si era andati a Qayrawān (o, alla francese, Kairouan; in arabo: القيروان).
C'era molta gente nel locale mercato, gente che per strada avevamo visto avviarvisi in caretti trainati da asini, come quello che usava mio nonno ma con pneumatici alle ruote. Il mercato è circondato da antiche mura. Mi ero fermato tra la folla del mercato e avevo scattato una foto alla porta nelle mura. Avevo appena fatto questo quando un barbuto signore mi si avvicina con fare minaccioso e in qualche modo capisco che mi redarguiva per averlo fotografato. In qualche modo gli faccio capire che non avevo fotografato lui ma la porta da cui era entrato: restò minaccioso ma proseguì per la sua strada. A me restava invece  un po' di paura e la sensazione di scampato pericolo. Ma ero nella sua terra e  se questi erano gli usi locali dovevo rispettarli anche se non li condividevo.


Il secondo episodio è avvenuto a Quiliano, un paese contiguo a Savona, in Italia,  nel Paese in cui sono nato e vissuto e in cui sono nati e vissuti  i miei genitori e i miei nonni e i miei avi non vi sono nati solo perchè l'Italia a quel tempo non era Italia. Volevo fotografare una casa che mi piaceva. Stavo inquadrandola quando mi si avvicina un signore dall'incofondibile aspetto nordafricano e mi apostrofa con fare minaccioso chiededomi perché mai fotografassi quella casa. Tranquillamente gli rispondo "perché mi piace" e lui mormora qualcosa e sempre con cipiglio minaccioso entra nel cortile di quella casa. Qui non è Tunisia, sono nella mia terra, lui avrà anche le sue fissazioni ma si rassegni.



Non so se potrò stare ancora così tranquillo: li stiamo abituando che dobbiamo rinunciare ai nostri usi per adattarci ai loro. C'è chi accetta gli usi altrui in casa propria e chi non li tollera nemmeno in casa altrui.

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