venerdì 20 marzo 2009

Par condicio

Sicuramente sarà perché sono duro di comprendonio, ma non riesco a capire come garantire cure, impunità, scuola, agevolazioni, tanti diritti e nessun dovere possa contrastare l'immigrazione clandestina. Mia moglie, che come molte donne ha senso pratico, dice che lasciare piatti sporchi o cibo fuori dal frigo attira le mosche: se lei ha ragione non mi è chiaro perchè gli umani dovrebbero invece sfuggire le opportunità che vengono loro offerte. Uno può gradire la casa piena di mosche, ma non affermare che vi sparge miele per contrastarle né dire che non sono mosche; uno può volere l'Italia piena di irregolari ma non dire che agevolarli meno ne favorisce l'arrivo né che basta non considerarli clandestini. Se i ladri fossero chiamati diversamente non ci sarebbero più ladri ma resterebbero i furti.
Ammettento che sia giusto, etico e possibile accogliere in Italia l'intera umanità mi chiedo il perché di certe discriminazioni.
Non ho esperienze recenti e quindi le cose potrebbero non essere come me le ricordo e come le riporto.
Un clandestino che sta poco bene non va dal medico di famiglia, che non ha, ma direttamente al Pronto Soccorso. Al triage (io direi all' accoglienza, per farmi capire dagli italiani che non hanno dimestichezze con ospedali) dichiara i sintomi ma non credo sia tenuto a dichiarare la sua residenza in Italia, il suo reddito, il suo codice fiscale, il luogo di nascita, villaggio città Paese di provenienza: questo in forza di una legge che vieta la possibilità di denunciare situazioni di illegalità. Non mi pare che la stessa norma valga per i cittadini italiani, i quali, se il caso non è urgente e grave (o meglio se non arrivano in ospedale con un'ambulanza del 118), sono invitati a recarsi dal loro medico generico o, se insistono, a pagare una tassa in relazione al reddito dichiarato. Capita anche che qualcuno non risieda nel luogo dove si ammala e allora deve recarsi all' ASL (USL, USSL o come altro si chiama), fare code, compilare moduli, chiedere di poter scegliere un medico, avere il suo benestare e per alcuni mesi ammalarsi solo nello stesso Comune. Altrimenti cercare qualche targa che indichi un ambulatorio, aspettare, sperare, farsi visitare, pagare la visita e poi eventualmente chiedere il rimborso, se è previsto nella Regione di residenza.
Si raccomanda di non intasare i Pronto Soccorso per malattie di lieve entità, ma ciò vale solo per gli italiani: gli altri hanno facoltà di intasarlo quanto vogliono e di farsi curare gratis dichiarandosi in ogni caso nullatenenti, cosa impossibile da verificare se per l'anagrafe e il fisco sono fantasmi. Nessuna meraviglia per le conseguenti ore di attesa. Se poi il medico del Pronto Soccorso prescrive una medicina si deve tornare dal proprio medico per la ricetta: non so come funzioni con i clandestini, ma so che non posso avere in Liguria una medicina prescritta in Piemonte. Non so nemmeno se temendo di essere imprigionato o rimpatriato (dove?, quando?) un clandestino rinuncerà a farsi curare o a venire in Italia, ma se per lui è giusto non dover rendere conto di niente ed essere curato senza tante domande trovo ingiusto che questo non valga per tutti.
Se le cose non stanno così, mi piacerebbe sapere come stanno.

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