A proposito di intolleranza mi sono tornati alla mente due episodi: uno in terra musulmana, l'altro in terra un tempo cristiana.
Ero
in Tunisia in vacanza ed si era andati a Qayrawān (o, alla francese,
Kairouan; in arabo: القيروان).
C'era molta gente nel locale mercato,
gente che per strada avevamo visto avviarvisi in caretti trainati da
asini, come quello che usava mio nonno ma con pneumatici alle ruote.
Il mercato è circondato da antiche mura. Mi ero fermato tra la folla del mercato e avevo scattato una foto alla porta nelle mura. Avevo appena
fatto questo quando un barbuto signore mi si
avvicina con fare minaccioso e in qualche modo capisco che mi redarguiva
per averlo fotografato. In qualche modo gli faccio capire che non
avevo fotografato lui ma la porta da cui era entrato: restò minaccioso ma
proseguì per la sua strada. A me restava invece un po' di paura e la
sensazione di scampato pericolo. Ma ero nella sua terra e se questi
erano gli usi locali dovevo rispettarli anche se non li condividevo.
Il
secondo episodio è avvenuto a Quiliano, un paese contiguo a Savona, in
Italia, nel Paese in cui sono nato e vissuto e in cui sono nati e vissuti i miei genitori e i miei nonni e i
miei avi non vi sono nati solo perchè l'Italia a quel tempo non era
Italia. Volevo fotografare una casa che mi piaceva. Stavo
inquadrandola quando mi si avvicina un signore dall'incofondibile
aspetto nordafricano e mi apostrofa con fare minaccioso chiededomi
perché mai fotografassi quella casa. Tranquillamente gli rispondo
"perché mi piace" e lui mormora qualcosa e sempre con cipiglio minaccioso entra nel
cortile di quella casa. Qui non è Tunisia, sono nella mia terra, lui
avrà anche le sue fissazioni ma si rassegni.
Non so se potrò stare
ancora così tranquillo: li stiamo abituando che dobbiamo rinunciare ai
nostri usi per adattarci ai loro. C'è chi accetta gli usi altrui in casa
propria e chi non li tollera nemmeno in casa altrui.
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sabato 17 gennaio 2015
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