Nel settecento era segno di nobiltà non essere abbronzati, "prerogativa" della plebe costretta a lavorare sotto il sole. In anni più recenti abbronzato non era chi lavorava (nelle fabbriche) ma chi faceva bella vita su assolate spiagge, magari esotiche. Succesivamente, col diffondersi di periodi di vacanza più lunghi e maggiore ricchezza, un' abbronzatura più o meno accentuata o persistente veniva ostentata come segno di benessere e sentirsi dire "oh! come sei abbronzato" era preso per complimento. Specialmente nella stagione invernale significava che avevi la possibilità di frequentare paesi tropicali, stazioni invernali o centri estetici. Da un po' di tempo l'entusiasmo per l' abbronzatura era un po' scemato a seguito dell'allarme per i danni dei raggi solari, ma un bel colorito scuro poteva mostrare di potere permettersi i prodotti idonei ad evitarli. Oggi, sembra, siamo tornati al settecento, una seconda restaurazione dei valori di quel tempo e dire che uno è abbronzato è un' offesa, più grave se rivolta a uno che ha la pelle scura non tanto per il tempo pur trascorso al sole delle Hawai quanto perchè metà dei suoi antenati non hanno subito le mutazioni genetiche che hanno schiarito la pelle dell'altra metà. Non so bene (lo chiederò a Walter) se perché abbronzato é più bianco di nero o più nero di bianco, se offenda gli uni o gli altri o entrambi, mentre per me rimane comunque solo un bel gradevole colore: omnia munda mundis.
PS
Sento dire che per gli americani "abbronzato" è offensivo: sarebbe bene spiegar loro che in Italia fino ieri non lo era, come è stato spiegato a me che "cold" non vuol dire caldo.
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